Il Festival di Sanremo è finito. Cinque giorni di spettacolo, di esibizionismo, di protagonismo. Ha vinto la canzone e tanto basta. Il fatto

La Redazione

È stato definito da addetti ai lavori, media e pubblico il Festival dei successi, dello stratosferico share televisivo (anche se nel ’95 andò meglio con la consacrazione di Giorgia ndr.) dei super, super ospiti, delle canzoni dei giovani. Pochi, però, hanno pensato di andare oltre l’apparenza, oltre quello che si è visto e si voleva comunicare sotto, sotto.

Ogni anno il popolo italiano, soprattutto gli amanti della musica, quella vera, quella pura, quella che inneggia alla vita vera aspettano questo appuntamento per gustarsi una settimana, circa, di novità, spettacolo e perché no allegria. Ogni anno qualcosa stravolge questa sana aspettativa.

Ci siamo chiesti quest’anno, al netto di quanto visto e ascoltato di bello e brutto, perché utilizzare la popolarità internazionale di questa kermesse musicale per veicolare messaggi celati di trasgressione proprio in un Paese che ha sempre lottato contro ogni forma di “bestemmia” o di volgarità. Perché?

Cosa spinge un uomo, un direttore artistico valido come Amadeus e una TV di Stato a coinvolgere sul “palco sacro” (blasfemia a parte ndr.) come quello dell’Ariston ragazzini che non sanno nemmeno loro cosa dicono e fanno e che male stanno facendo a loro stessi e agli altri? Forse l’essere conformisti con la moda trash del momento? E cosa se ne ottiene? Soldi, visibilità, successo. E la musica?

Peccato che quest’anno nonostante i biechi tentativi di fare emergere la “spazzatura” ha vinto la canzone, l’artista più pulito, più pacato, più libero, sì libero di sentirsi SE STESSO senza dover distruggere, offendere un credo o ostentare dominio dietro una maschera di tatuaggi o un vestito che non c’è. Bravo Marco Mengoni, così come artisti del calibro di Giorgia o Anna Oxa, tanto discussa, ma una delle poche ad aver portato arte su quel palcoscenico.

Un tempo sul palco dell’Ariston si suonava e cantava l’amore, la felicità, il voler “volare”, il sentirsi al “massimo” semplicemente descrivendo una realtà fatta di semplicità, vera, limpida e non edulcorata. Oggi? La serata di ieri a chiusura di questa 73esima edizione del Festival di Sanremo ha parlato da sé.
Un grazie e un bacio a chi crede che esista la VERA BELLEZZA, come madre natura ha voluto, QUESTA È LIBERTÀ.

Come si può cercare e trasmettere felicità e libertà, tanto sbandierata dai testi delle canzoni di questi giovani e “piccoli” ragazzini che fanno musica (salvo eccezioni ndr.) se poi c’è tristezza e povertà di vita, solo a guardare il loro volto? (vedi Madame ndr). Forse questa è la cartina tornasole, lo specchio di una società dissoluta vittima di un potere mediatico che cerca di rovinare e svilire la semplicità e normalità di un vivere senza un “DEVI”, ma con un PUOI, così come Madre Natura ci ha fatti, senza il sentirsi non accettati, dove il sesso è amore e non trasgressione.

Che peccato aver perso un’occasione di vera bellezza e arte cara mamma Rai! Per un ragazzo adolescente assistere a scene come quella di Blanco che annienta i fiori scenografici del posto dove lui stesso si sta esprimendo come dono (dovrebbe essere così ndr.) e dunque come messaggio per il pubblico, o i messaggi subliminali, verbali e non verbali, di una donna dalla ricchezza materiale e intellettuale, che non necessita ostentazione come Chiara Ferragni che inneggiano all’essere anarchici nella sessualità soprattutto (molto diversa dalla libertà ndr.) come il suo stesso compagno Fedez che la imita, peggio ancora lo squallido e deplorevole teatrino del personaggio Rosa Chemical, Madame, Salmo cosa potrebbero provocare in un ragazzo in fase di crescita? Solo danni. E voi da Corso Mazzini, ve ne rendete conto? Va bene essere “aperti” alle novità, ma il troppo storpia e quest’anno il fatto stesso che la gente sia insorta, la gente tutta eccetto rari casi isolati a favore di questo scempio, la dice lunga.

Doveva essere il Festival della canzone italiana o della casciara italiana? Nel mentre, un terremoto a devastare una popolazione, quella turca e syriana, che sta provando a rialzarsi con circa 30mila morti alle spelle; a Sanremo, invece, un “terremoto di volgarità” a sprazzi. Cui prodest? Forse la migliore”trasgressione” sarebbe potuta essere quella di far vedere le immagini di questa devastazione ai vari giovani artisti che si sono esibiti urlando “la vita” fatta di libertà. Spunto per riflettere, per riflettere tanto su pretese assurde vivendo in un Paese che non ci fa mancare nulla e che dunque nessuno si dovrebbe permettere di rovinare con gesti scriteriati e con sfondo gender. Tananai ci ha provato con la sua canzone, motto all’amore e alla speranza nonostante la guerra vissuta dai protagonisti ucraini, e il risultato è stato un ottimo quinto posto. Ecco la vera musica e arte libera.

Alla fine ha vinto comunque il bello! Il bello del vincitore con il suo brano, il bello di una canzone terza sul podio come quella di Mr. Rain. Invitiamo, dunque, a riflettere su quanto accaduto perché non accada mai più!

Sanremo era e deve rimanere bellezza e non spazzatura (non avremmo altri termini per definire uno show che per certi versi andrebbe centrifugato in un wc, per essere buoni ndr.). BASTA!

Basta con questa pantomima perché la gente non è stupida e dopo un po’ quello che è troppo rischia di autodistruggersi e ancor peggio, distruggere. Occhio! Grazie a Dio, abbiamo avuto dimostrazione ieri sera che per quanto uno possa instillare il marcio, lo stesso resta nel marcio.

Sarebbe stato tutto più carino se non ci fosse stato esibizionismo e protagonismo. Crediamo che nessuno sia migliore di nessuno e che tutti si debbano sentire liberi di esprimersi, ma non si può prescindere dal rispetto, dal pudore e da un atteggiamento consono ad uno spettacolo a cui assistono tutti, grandi e piccini.

Un plauso all’immenso Gianni Morandi, a tutti i tecnici, all’orchestra composta da validi professionisti, agli ospiti che hanno dato pepe e sale a questo Festival e al pubblico presente, sempre molto garbato. Se non ci fosse il Festival, sarebbe tutto un po’ più “noioso”, ma se lo stesso fosse meno esasperato, sarebbe tutto più bello. Rai e Amadeus pensateci per l’anno prossimo, c’è ancora tempo per scusarsi e ripartire più forti e belli di prima. Viva la canzone italiana, quella con ali d’angeli, amore e unione, come volare nel blu dipinto di blu.

Stefano Patimo

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